Perchè in Italia non investe più nessuno
Perchè indipendentemente dalle stagioni politiche e dai suoi leader, in Italia abbiamo maturato l'errata concezione che la competitività delle grandi (per modo di dire) e piccole imprese e l'occupazione potessero essere difese intervenendo ad hoc con misure di corto respiro sul fronte monetario, legislativo o di semplice pressing istituzionale ogniqualvolta il "bene" dell'industria nazionale fosse sotto attacco dall'estero. Con poche eccezioni, fino all'avvento dell'euro, gli imprenditori italiani non sapevano neppure cosa significasse essere efficienti e competere sui mercati internazionali grazie alle armi dell'innovazione e della qualità. Era sufficiente una nuova svalutazione monetaria (nel caso della Fiat anche qualche milione di ore di cassa integrazione addossate allo stato e magari un incentivo alla rottamazione) per dare immediatamente nuovo impulso alle esportazioni italiane, posticipando ancora una volta le necessarie azioni di ammodernamento, sia a livello di imprese che di sistema paese. Con l'avvento dell'Euro e delle regolamentazioni europee le cose sono cambiate drasticamente e gli imprenditori italiani, non più protetti artificialmente, hanno sentito pesantemente e repentinamente l'effetto della competizione globale sui propri bilanci, cominciando finalmente a lavorare per riorganizzare ed innovare i propri schemi produttivi e manageriali. Il tentativo di mantenere italiana la Telecom da parte di questo governo segue ancora una volta la stessa illusione che sia sufficiente mantenere il controllo in Italia per garantire un futuro all'azienda e ai suoi lavoratori. Con Alitalia ci siamo arrivati obtorto collo e dopo quindici anni di perdite ininterrotte e migliaia di miliardi accollati ai bilanci pubblici, che forse era il caso di privatizzare. Ma la lezione non è stata mica ben digerita: con le Ferrovie stiamo facendo lo stesso da decenni e le perdite le si pagano a piè di lista senza che si possa mai identificare il responsabile di questo stato di cose. AT&T è la compagnia di telecomunicazioni più grande del mondo e aveva messo gli occhi su Telecom Italia. Con le opportune regole e con un'autority delle telecomuniazioni forte e davvero degna di tale nome si poteva garantire all'Italia finalmente quello che le serve per crescere e ammodernarsi: investimenti sulla rete. Invece no. E' bastata qualche settimana di teatrino dei nostri politici per farli scappare a gambe levate. Telecom resterà di Tronchetti o passerà di mano al prossimo raider italiota che utilizzerà i grassi profitti della telefonia per pagarsi gli interessi sui debiti fatti per acquisirla, invece di investire in innovazione.
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